Mi ricordo bene quel pomeriggio a casa di Stelio.

Lo avevo appena conosciuto ed ero molto emozionato di sedere al tavolo con lui e farmi raccontare tutti quegli aneddoti. La Lina ci aveva preparato il caffè e dopo averlo servito era andata in camera da letto a cercare “la cartelletta”. Tornò con un plico pieno di ritagli di giornale e foto che raccontavano del lavoro di Stelio durante gli anni.

Inizialmente avevo inteso che Stelbel fosse sempre rimasta una realtà locale, ma con mia sorpresa Stelio mi allungò una foto di questo ragazzo vestito in divisa Stelbel che mostrava la sua bici con verniciatura “Tricolore” di fronte alla vetrina di un negozio. L’insegna diceva “Velo Sport” e subito sotto la scritta “Open”.
Questa me l’ha mandata un mio amico dall’America” disse Stelio. “Vive in California, negli anni ho venduto qualche bicicletta negli Stati Uniti“.

 

 

E io immediatamente pensai che fosse una cosa incredibile. Ricordo distintamente come quella foto mi avesse colpito.

In seguito non pensai più a quell’episodio. Fino a quando, un bel giorno, ci scrisse un signore di nome Maynard Hershon, grande appassionato di biciclette e di moto. Con la rinascita del marchio Stelbel aveva voluto condividere con noi la sua bella esperienza con la bicicletta Stelbel negli anni 80. All’epoca abitava a Berkeley, California. Di istinto gli risposi mandandogli una scansione di quella foto vista tanti anni prima a casa di Stelio. Avevamo trovato il nostro uomo.

 

Siamo rimasti in contatto, Maynard è una persona meravigliosa e un ottimo scrittore.

Di recente ha condiviso con noi un bell’articolo che ha scritto per un magazine inglese che tratta di motociclismo e dove descrive proprio questo episodio e di quanto sia stato speciale l’apporto di Stelio nel mondo dei telai per motociclette da corsa. Ve lo riproponiamo qui di seguito.

 

I casi della vita

Alla fine degli anni 80 vivevo a Berkeley, in California, e lavoravo in un negozio di biciclette chiamato Velo-Sport. Per spostarmi solitamente usavo la moto, ma la mia attenzione era rivolta alla bicicletta, all’allenamento e al fitness. Correvo spesso con il Berkeley Bicycle Club: amavo le gare e la competizione.

Un’estate, un ragazzo italiano sulla trentina venne a Berkeley per lavorare. Si chiamava Fabrizio ed era un ingegnere di impianti di refrigerazione, se ricordo bene; un ragazzo molto simpatico. Parlava un ottimo inglese e andavamo in giro insieme in bici, chiacchieravamo e ci prendevamo un caffè dopo le pedalate.

La sua bicicletta, che aveva portato con sé dall’Italia, non era la tipica bici dell’epoca: era un modello da corsa realizzato con leggeri tubi d’acciaio, ma saldati a TIG anziché uniti con giunture brasate.

Si chiamava Stelbel. Nessuno nel nostro grande club aveva mai visto o sentito parlare di questo marchio, ma è anche vero che in Italia esistevano decine, se non centinaia, di telaisti che non esportavano il loro lavoro, quindi non rimanemmo sorpresi.

Stelbel, come seppi poi, era una contrazione italiana del nome del costruttore: Stelio Belletti.

All’epoca scrivevo per una rivista di bici chiamata Winning: Fabrizio ne rimase colpito e ritenne che avrei dovuto avere una bici come la sua Stelbel, perché lui l’amava e pensava che l’avrei amata anche io.

Quindi contattò subito Belletti, in Italia, perché mi spedisse una delle sue realizzazioni. Passarono solo alcune settimane e ricevetti un telaio tutto mio! Era saldato a TIG come quello del mio amico e verniciato con i colori della bandiera italiana, con una sfumatura verde, bianca e rossa, molto anni 80.

Assemblai la bicicletta con i componenti che avevo a portata di mano e la usai per circa un anno. Mi piaceva molto, ma in quel periodo della mia vita soffrivo di febbre cronica da bici nuova. Quindi andò a finire che la vendetti per comprarne un’altra. Non riesco nemmeno a ricordare che bici fosse, quella nuova. Che errore!

Da allora non mi è più capitato di sentire nominare Stelbel. Fino a due anni fa, quando mi sono imbattuto in un post su Instagram del rinato marchio italiano. La bici nella foto era bellissima, elegante, accessoriata e rifinita in un modo che diceva palesemente “sono costosa”.

Ho subito cercato il sito web di Stelbel e ho cliccato su “Contatti”. Nella mail ho raccontato la mia storia, di Berkeley negli anni 80 e di Fabrizio, che mi aveva fatto conoscere le Stelbel. Ho detto che all’epoca aveva chiesto a Stelio di mandarmi un telaio, al negozio chiamato Velo-Sport.

Ebbene, la risposta alla mia mail mi ha lasciato a bocca aperta: i ragazzi di Stelbel – che nel frattempo è rinata a Bergamo – mi hanno detto che in officina conservano la foto di un tizio americano in piedi con una Stelbel davanti a un negozio di biciclette. E non hanno mai saputo chi fosse quella persona. In allegato, mi hanno mandato l’immagine della vecchia istantanea.

Ero io quell’americano, tre decenni prima, in una foto che non avevo mai visto, in posa dietro una bicicletta verde, bianca e rossa che vorrei tanto avere ancora.

In realtà, pensavo solamente di desiderare ancora quella bici, quando…

Proprio stamattina su Facebook ho visto un post con una foto di Mike Hailwood con una moto da corsa Honda Grand Prix degli anni 60. A quel tempo, come forse saprete, la Honda costruiva motori meravigliosi e da primato a livello mondiale, ma i loro telai erano spaventosamente scadenti.

 

 

Secondo i commenti su Facebook, Hailwood, sfidando la Honda, si rivolse a Ken Sprayson alla Reynolds per chiedergli di costruire un telaio adatto a domare la Honda, altrimeti inguidabile. Sprayson, ampiamente considerato un mago della costruzione di telai, ne realizzò uno appositamente ma il pilota britannico non lo apprezzò.

Quindi, Mike “the Bike” Hailwood andò da un telaista italiano che gli confezionò una ciclistica con cui il campione corse e vinse.

Non potevo credere ai miei occhi quando ho letto il nome di quell’artigiano italiano. L’uomo che ha costruito il telaio della Stelbel che ho venduto così sbadatamente anni fa, ha realizzato un telaio vincente da Gran Premio classe 500 cc per Mike the Bike: Stelio Belletti.

Stelio Belletti è mancato il 5 ottobre 2023. Buona fortuna, signor Belletti…